San Giseppu: La Fera ti li Pignate (di Amilcare Vernich)

Ieri sera si è svolta una cena sociale al Cenobio San Giuseppe di Nardò, alla quale hanno preso parte 35 soci e 2 ospiti, nel corso della quale la nostra socia Lena Perrino ha declamato la poesia “SAN GISEPPU: LA FERA TI LI PIGNATE”, scritta da Amilcare Vernich, poeta neretino.
Il socio Riccardo Schirosi ha invece fornito ai presenti alcuni cenni biografici sull’autore.

Ai presenti è stata donato un campanellino di terracotta per ricordare la tradizionale festa dei “cumitati” il giorno di San Giuseppe a Nardò.

SAN GISEPPU:  LA FERA TI LI PIGNATE (di Amilcare Vernich)


 San Giseppu: cce bella fera,

li cumitati ti ogni manera!

Cumitati ti creta cotta,

cu faci ricuccu, cu rrufi la sciotta,

pi mangiare e pi bivire,

pi llavare e pi cucire.

Pile ti craste, ti piatti, ti spase,

ozze, minzoddhre, mbili, capase.

Limbi, stangati, tecami, quali,

càntare, ucerne, cutrubi, rinali.

La signura, ci l’àe scassciata,

ccatta lu còfanu e la pignata.

Piatti minzani, piccicchi e lu sparu,

a ddo’ màngianu tutti ti paru,

cruessi nu tìscitu, comu li tiesti:

riche cafè e fiuri celesti.

Ogni fèmmina e ogni artieri:

cueppu, sitella, ursùlu, biccheri.

San Giseppu, festa ti agnuni:

sciucarieddhri ti creta e furuni,

quataruttieddhri, pignaticchi,

giucculatere, mbuti, qualicchi,

la sciumbareddhra, l’organettu,

lu Carbunieri cu lu fischettu …

Ma, tiuzione ti stu Icchiarieddhru

è la trènula e lu campanieddhru.

E puru a ntàula la menzatìa

la maràngia e li cìciri e ttria.

Quantu gintòria!  Strate e curtigghi

chini ti stozze, ti cassce e di scigghi.

Sueni, rrumuri, fischi e uci:

no bbiti l’ora cu ti ndi fuci.

Ci lu Santu à’ scire ssaluti,

rrivi sutatu e cazi catuti.

Ècculu, ècculu a purgissione:

canna fiurita e a mbrazze lu Agnone!

Muzzetta gialla e ianca la este:

puru ti tria la Cungreca si este.

Ddhri cumitati, ddhri strate strette

li ricòrdanu Nazarette;

scanni, llavaturi, scale pi lliame …

la puticheddhra ti faligname;

e quiddhru mare ca parla e camina …

totta la ggente ti Palestina.

Ci Li tìa l’ànima, ci Lu tratìa,

ci sicutava Lli fazza la spia.

Cussì è fattu lu core ti li ecchi …:

lu stùzzichi … e li làcrimanu l’uecchi!

Il maestro Amilcare Vernich
Il maestro Amilcare Vernich
La campanellina di terracotta per ricordare la festa dei “cumitati” a Nardò il giorno di San Giuseppe offerta ai soci del Caffè Letterario Neritonensis.

AMILCARE  VERNICH

Tanti sono i personaggi di Nardò che in vita non sempre sono stati abbastanza apprezzati per le loro qualità culturali, artistiche o umane. 

Uno tra questi è Amilcare Vernich.


Nato a Nardò il 20 ottobre 1912 da Vincenzo ed Antonia Calabrese, penultimo di otto figli.


Frequentò il Ginnasio-Liceo presso il Seminario Vescovile di Nardò e successivamente nel Superiore Pontificio Regionale di Molfetta.

Fu costretto ad abbandonare sia gli studi classici che la vocazione a causa di una accentuata miopia.

Conseguito a Lecce il Diploma Magistrale fu chiamato, nel 1937, ad insegnare da privato, lettere classiche presso il prestigioso  Istituto Magistrale femminile “San Benedetto” di Conversano sino al 1939, quando iniziò la carriera di insegnante elementare che durò ininterrottamente sino al 1979 dapprima in alcuni comuni della Basilicata e del Salento, poi a Nardò concludendola nei plessi rurali di “Pagani” e “Li Santi”: scuole di campagna di cui apprezzava la silenziosa pace dei luoghi e la vivace semplicità dei bambini.

Antifascista da subito e fervente cattolico, si dedicò attivamente alla vita politica del proprio paese collaborando alla fondazione della Sezione neritina del “Partito Popolare” di don Luigi Sturzo e successivamente alla Sezione della Democrazia Cristiana “De Gasperi” in via Roma.


In quel periodo conobbe personalmente tra gli altri, Giorgio La Pira con il quale ebbe un continuo rapporto di amicizia e di stima.

Il suo apostolato laico e l’impegno cattolico si concretizzarono negli anni ‘40-‘50 soprattutto nella raccolta di fondi finalizzata al restauro ed al riassetto dell’ex Convento dei Frati Cappuccini abbandonato al degrado vandalico.

Sia il convento che la chiesa annessa erano stati costruiti intorno al 1569 su richiesta del duca della città, Giovan Bernardino II Acquaviva d’Aragona.

 Il convento era stato costruito volutamente con materiali poveri,  con conci di tufo, calce mescolata con la terra, senza fregi né decori, proprio “per non somigliare ai palazzi dei ricchi”, come raccomandava la regola  Francescana.

Dal 1569 al 1866 i cappuccini svolsero sul territorio neretino attività di apostolato vivendo di elemosina e preghiera.

Ma nel 1866 ci fu la soppressione degli ordini religiosi, per cui il convento fu completamente abbandonato dai frati cappuccini.

Per quasi un secolo fu lasciato in balìa dei colerosi e dei senzatetto ma anche di plebe senza scrupoli che avevano ridotto quel sacro gioiello di arte e di fede a un indecoroso rudere”. Scrive il Vernich.


Per il restauro del convento Amilcare Vernich organizzò nel 1944 una serata di beneficenza presso il teatro Comunale di Nardò dove si esibirono, eseguendo brani di opere famose, il tenore Gustavo Gallo, il baritono Tito Gobbi e il soprano Maria Caniglia che in quel periodo calcavano le scene di teatri famosi in Italia e all’estero.


Purtroppo, il convento fu quasi totalmente demolito nel 1959 ad opera della curia vescovile del tempo (vescovo Corrado Ursi) con delibera dell’amministrazione comunale coeva per consentire la nascita del nuovo seminario vescovile oggi quasi completamente disabitato. Di quel complesso, composto da 27 celle, refettorio, orto con chiostro, cucina e officine, foresteria, biblioteca, oggi restano solo 9 cellette e l’appezzamento di terreno adiacente al seminario diocesano.


Uno sfortunato intervento agli occhi nel 1959 a Roma lo costrinse a ridurre notevolmente il suo impegno sociale e politico senza estraniarsi tuttavia dall’attività culturale: continuò infatti ad esser corrispondente locale di alcuni importanti quotidiani nazionali: de “Il Giornale d’Italia”, “Il Tempo”, “Il Popolo” “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “Il Messaggero” .

Negli anni ‘70-‘80 su giornali locali pubblicò una serie  di articoli su luoghi, tradizioni, arti e mestieri d’altri tempi.


Autore di un centinaio di componimenti poetici sia in italiano che in vernacolo neretinola maggior parte ancora inediti, ha ricevuto apprezzamenti e riconoscimenti ufficiali in numerosi concorsi di Poesie.


Si è spento a Nardò nella sua abitazione in via Napoli il 28 aprile 1996 dopo una lunga sofferenza accettata e mitigata dal profondo spirito religioso che lo ha sempre contraddistinto.